Dopo aver parlato di come Grillo abbia subito una contrazione di consenso a seguito delle decisioni assunte nel mese di marzo (“Grillo frena sui social”), oggi ci dedichiamo ad una storia di digital marketing in ambito cosmesi che ci spiega come trasformare i fan in traffico verso i punti vendita e in clienti e che dimostra come alcune aziende abbiano già scoperto questa ricetta del successo sui social.

Il caso in questione ultimamente ha creato molto clamore nell’ambito social, nello specifico in Facebook. Come è noto ogni marchio ha ormai una fan page dove cerca di costruire una comunità fondata sui valori espressi dal brand ed è consuetudine “festeggiare” insieme ai propri fan eventuali traguardi raggiunti, creando così una sorta di ritualità 2.0. La storia che prendiamo sotto la nostra lente oggi è quella di Kiko, noto marchio di cosmetici che nel febbraio 2010 sbarca in Facebook. Nella prima metà di Marzo di questo anno arriva a raccogliere 1 milione di fan e oggi, a distanza di poco più di un mese dal raggiungimento del primo milione, conta  1.831.416 fan: forse non è chiaro, ci sono voluti 3 anni per avere 1 milione di fan e poco più di un mese per raggiungere quasi lo stesso risultato, è evidente che sia successo qualcosa di clamoroso. Ma ripercorriamo la storia di quel che è avvenuto partendo dai fatti:

14 Marzo – Kiko raggiunge 1 milione di fan e decide di premiare le proprie utenti rendendo scaricabile 1 buono per uno smalto gratis ritirabile presso i propri punti vendita o direttamente dall’e-shop (1.000.000 fans)

15 Marzo – le richieste sono talmente tante che il sistema ha dei problemi tecnici, perciò l’iniziativa viene sospesa (1.037.158 fans)

19 Marzo – riprende l’iniziativa (1.059.299 fans)

14 Aprile – termine dell’iniziativa (1.794.853 fans)

kiko trend bewe

Già dal grafico sull’andamento del totale dei fan si nota come sia avvenuta una crescita iperbolica, indice di un avvenimento particolare. Attraverso Social Intelligence, la piattaforma di Bewe per l’analisi comparata delle fan page di Facebook, possiamo anche andare ad indagare altri indici per comprendere meglio il fenomeno avvenuto e quali dinamiche ha seguito. Prendiamo quindi il tasso di crescita giornaliero dei fan (growth rate) e leghiamolo a fatti e contenuti rilevanti pubblicati dalla pagina:

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Notiamo quindi come ogni settimana ci sia stato un richiamo all’iniziativa attraverso i post pubblicati, che è avvenuta una crescita media ci circa 25 mila fan al giorno (!!) e che dopo Pasqua (31/03) si è verificato quel fenomeno che ha dato una sterzata sostanziale verso la crescita iperbolica dei fan del brand: il passaparola. Infatti una campagna ADV non seguirebbe mai un andamento simile se non rafforzata dal budget investito o da qualcosa di non controllabile che avviene nella propria utenza.

Utilizziamo un’altra metrica per valutare l’engagement a sostegno di questa tesi e visualizziamo l’andamento dell’IPM, l’analisi che ci dice il numero di interazioni avvenute ogni 1000 fan, in confronto al tasso di crescita giornaliera dei fan. L’IPM è calcolato su base settimanale e l’output fornito è il dato di media giornaliera verificatasi nella settimana in oggetto.

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In questo grafico vediamo un dato interessante: al crescere dei fan diminuisce l’IPM, perché? I motivi che possiamo desumere sono 2:

– essendo l’IPM una metrica data da un rapporto, una rapida crescita del numero dei fan porta spesso ad una flessione di questo trend poiché aumenta in maniera importante la numerosità del denominatore; per evitare tale flessione, il numero di interazioni deve aumentare anche lui in modo importante;

i nuovi fan giunti sulla pagina nell’ultimo periodo (la maggior parte) non sono arrivati per un interesse nei confronti dei contenuti del brand, ma il loro scopo era molto più mirato e utilitaristico: scaricare il buono per lo smalto, e la condizione necessaria per poter scaricare tale buono era, appunto, diventare fan della pagina.

Ora che disponiamo di diversi elementi per avere un’idea più completa di ciò che è successo, facciamo un breve riepilogo:

  1. abbiamo notato come Kiko in poco più di un mese abbia guadagnato più di 800 mila fan con una sola iniziativa;
  2. abbiamo guardato il growth rate giornaliero dei fan e abbiamo notato come la crescita sia stata iperbolica nell’ultimo periodo, da cui si può desumere un evento particolare;
  3. indagando il tasso di interazioni (l’IPM) abbiamo visto come ci sia stata una flessione proprio nel momento in cui è arrivata la maggior parte dei nuovi fan.

Possiamo quindi giungere a diverse conclusioni:

Kiko ha studiato un’iniziativa in cui premiare ognuna delle fan regalando a ciascuna di esse uno smalto (per completezza d’informazione rendiamo noto che un’iniziativa pressochè uguale era stata già indetta da Pupa per il raggiungimento dei 100.000 fan). Il brand ha perciò agito sulla totalità della sua utenza, senza indire concorsi che ne premiassero solo una stretta minoranza. Quindi il fatto che ognuno possa avere accesso ad un regalo getta le basi per una potenziale viralità. Inoltre il regalo proposto è assunto come oggetto di valore dalle fan, perciò sulla base di facile accessibilità all’iniziativa si aggiunge l’incontro con i bisogni delle utenti: una combo perfetta.

La notorietà dell’iniziativa si estende in maniera importante grazie al passaparola, arrivando alle orecchie di molte utenti che non seguivano il marchio e che sono interessate solamente a scaricare il buono, infatti non interagiscono sulla pagina e, come si evince da un’analisi dei top post di Facebook, si dimostrano “disinteressate” rispetto ai contenuti della fan page diversi dalle comunicazioni sulla promozione (che collezionano il 95% dei like totali pervenuti sui post di quel periodo).

Tutto ciò si verifica dopo una fase di spinta dell’iniziativa sostenuta solamente dal normale ADV, ma è questa spinta insieme al valore intrinseco della promozione a creare l’ondata di interesse che si verifica nel periodo finale.

Ma tutto questo interesse che valore ha per il brand?

Innanzitutto ha un valore di reputazione e awareness: avere gli occhi del popolo del social network puntati addosso, arrivare ad una percezione di positività da parte del consumatore finale, sono valori di difficile stima economica.

Procedendo sui guadagni di Kiko, possiamo dedurre che avrà beneficiato di un aumento notevole del proprio database utenti, facendo così un passo importante verso la personalizzazione della comunicazione e assumendo una visione più realistica della propria utenza.

In terzo luogo, chi ha scaricato il buono e vuole ritirare lo smalto deve recarsi in un punto vendita Kiko o sul suo e-shop, e quante di queste consumatrici arresteranno la propria spesa ad un solo smalto? Penso che la risposta che si possa ipotizzare e che sia nelle menti di tutti sia “poche”.

Questo ultimo punto è molto rilevante, è infatti uno dei rari casi in cui un’azione sui social condiziona il comportamento degli utenti al di fuori della realtà virtuale. Qui le consumatrici, dopo il primo contatto positivo con Kiko nel momento in cui hanno scaricato il buono, sono spinte a rapportarsi nuovamente con il brand, condividendo quindi un’altra esperienza con lui e in un ambiente in cui i valori del marchio sono più manifesti e pervasivi quale è il punto vendita fisico o l’e-commerce.

Possiamo quindi solo imparare da questo caso e fare un plauso a Kiko per il modo in cui ha interpretato e sfruttato le potenzialità dei social network.

Alla prossima,

Giuliano Fazi