La FOMO (Fear of Missing Out) è passata da semplice tecnica di persuasione a leva strategica per costruire valore reale e duraturo. Non si tratta più solo di “vendere in fretta”, ma di creare qualcosa che tutti vogliono perché pochi possono averlo. 

Dalla moda al giocattolo da collezione, dai lanci digitali agli eventi fisici, il desiderio non nasce più solo dalla qualità del prodotto, ma dal significato sociale di essere parte di una comunità. 

Che cosa si intende per FOMO?

La “paura di perdersi qualcosa” (FOMO), si basa su quattro pilastri psicologici: 

  1. Urgenza: la decisione richiede tempestività, in quanto il tempo a disposizione è limitato;
  2. Scarsità: la disponibilità del prodotto è ridotta e potrebbe esaurirsi;
  3. Esclusività: l’accesso è riservato a un numero selezionato di persone;
  4. Riprova sociale: molti altri hanno già aderito, confermando il valore dell’iniziativa. 

Questi meccanismi non solo incentivano l’azione immediata, ma contribuiscono soprattutto a suscitare il desiderio anche in assenza di un bisogno reale o concreto. La logica della Fear of Missing Out (FOMO) non induce semplicemente all’acquisto di un prodotto, bensì trasmette la percezione che, senza quel prodotto, si rischia di rimanere esclusi dal contesto sociale. 

Il fenomeno “Labubu” di Pop Mart 

Nel corso del 2024, Labubu, il personaggio ideato da Pop Mart, si è affermato come un vero e proprio fenomeno culturale a livello globale. La strategia del brand ha saputo alimentare il desiderio dei consumatori attraverso meccanismi mirati come: l’utilizzo delle blind box (acquisti a sorpresa), il lancio di drop programmati e collaborazioni ad alto impatto virale. A consolidare questo successo è stata una community estremamente attiva, capace di generare contenuti, organizzare scambi e vivere ogni nuova uscita come un evento collettivo di grande risonanza. 

Il momento di massima visibilità è giunto nell’aprile 2024, quando Lisa, membro del gruppo BLACKPINK, ha condiviso il proprio Labubu su Instagram. L’episodio ha determinato un’immediata impennata dei prezzi sul mercato, l’emergere di lunghe liste d’attesa e persino un flusso costante di appassionati verso gli store Pop Mart in Asia. 

In questo contesto, non è l’oggetto in sé a costituire la fonte principale di valore, bensì l’esperienza emozionale e il senso di appartenenza che derivano dalla partecipazione del fenomeno.

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Nike e l’Early Access in App 

Nike ha rappresentato un caso emblematico con la propria applicazione SNKRS, trasformandola in un canale privilegiato per la distribuzione di prodotti ad alta desiderabilità. In occasione di numerosi lanci, l’accesso anticipato è stato riservato esclusivamente agli utenti iscritti o particolarmente attivi sulla piattaforma. In questo modo, le calzature non si caratterizzano soltanto per la loro scarsità, ma diventano simbolo di esclusività. Tale meccanismo alimenta un senso di appartenenza ristretto, che si integra profondamente con l’identità del marchio. 

I risultati ottenuti da Nike confermano l’efficacia della strategia: i drop con accesso anticipato registrano performance fino a tre volte superiori rispetto a quelli resi disponibili al pubblico generale. L’effetto collaterale è la percezione, da parte della community, di essere valorizzata, premiata e inclusa in un circolo riservato, rafforzando così il legame tra consumatore e brand.

Supreme e la “Scarcity by Design”

Per la community di Supreme, il giovedì coincide strutturalmente con il drop day. L’accesso effettivo all’acquisto, tuttavia, è fortemente limitato: le quantità risultano contenute, le finestre temporali ridotte e l’esaurimento degli articoli avviene in pochi minuti. 

La logica competitiva viene nominata “scarcity by design”, in cui una minore produzione equivale a maggiore desiderabilità, e la minore possibilità di acquisto genera maggiore conversazione e attenzione.  

Supreme, quindi, non commercializza semplicemente capi di abbigliamento ma propone l’appartenenza a un gruppo ristretto di individui “che ci riescono”, facendo dell’atto stesso di ottenere il prodotto una componente essenziale del valore percepito. 

Come usare la FOMO per creare valore 

Le strategie vincenti oggi non puntano al click impulsivo, ma alla costruzione di una community desiderante. Ecco le leve più efficaci: 

  • Drop limitati e packaging numerati: la dimensione della collezionabilità incrementa il valore percepito e trasforma il prodotto in un bene da conservare oltre che da consumare; 
  • Collaborazioni esclusive: l’incontro tra due fanbase amplifica l’attrattiva e raddoppia il potenziale di desiderio; 
  • Early access riservato: l’idea di essere “selezionati” rafforza il legame con il brand e favorisce la fidelizzazione; 
  • Eventi fisici o digitali: creano momenti esperienziali che intensificano l’emozione d’acquisto e il senso di partecipazione collettiva; 
  • User Generated Content (UGC): i contenuti prodotti dagli utenti trasformano il consumatore in ambasciatore spontaneo del marchio, estendendo l’impatto comunicativo ben oltre i canali ufficiali. 

Questa strategia funziona solo se è autentica, e falsificare scarsità o urgenza danneggia il brand nel lungo periodo. 

La FOMO come leva culturale, non solo commerciale 

Oggi non si tratta più solo di una tecnica di vendita, ma di una forma di storytelling sociale, un linguaggio capace di unire le persone. Labubu, Nike, Supreme non vendono solo prodotti, ma esperienze di desiderio condiviso e comunità di appartenenza. Ciò che conta davvero quindi non è quello che puoi avere ma quello che puoi avere solo tu.

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