Il rebranding ha assunto un ruolo sempre più rilevante anche nel settore B2B, affermandosi come leva strategica per rafforzare l’identità aziendale e guidare il posizionamento sul mercato. In contesti in cui reputazione, fiducia e riconoscibilità sono determinanti, la coerenza tra visione strategica e identità assume un valore competitivo pari a quello del prodotto o del servizio offerto. Oggi le imprese che operano tra imprese investono con crescente consapevolezza in comunicazione, consapevoli che anche nel B2B le scelte non sono mai solo razionali.  

Quando il rebranding comunica solidità 

Il rebranding può diventare uno strumento potente per comunicare cambiamento e visione.  

Ecco tre contesti in cui il rebranding può rivelarsi una leva vantaggiosa: 

  • Allineamento a una nuova direzione strategica: l’introduzione di tecnologie avanzate, l’ingresso in nuovi mercati o la ridefinizione dell’offerta possono rendere necessaria un’identità visiva e narrativa più coerente con la realtà attuale dell’azienda; 
  • Riposizionamento competitivo: in mercati ad alta concorrenza, il rebranding consente di distinguersi ed esprimere una nuova identità valoriale per entrare in sintonia con un pubblico diverso; 
  • Gestione della reputazione: in seguito a una crisi o a una fase di transizione, il rebranding può aiutare a ricostruire la credibilità e a tracciare un nuovo inizio per il brand. 

Un case study distintivo è quello di Dropbox, che nel 2017 aveva intrapreso un rebranding radicale per accompagnare un cambiamento nella propria identità e modello di business. Dropbox, servizio per archiviazione e sincronizzazione dei file, aveva costruito la sua notorietà nel mondo B2C, rivolgendosi a utenti individuali con una proposta semplice e funzionale.  

Con l’evoluzione del mercato, l’ingresso di competitor più strutturati e l’emergere di nuove esigenze hanno spinto l’azienda verso un riposizionamento orientato al mondo delle imprese. 

Il rebranding è stato il passaggio decisivo con cui Dropbox ha segnato il proprio cambio di rotta verso il mondo B2B. L’identità visiva è stata ripensata: un logo essenziale e astratto, una tipografia versatile e una palette cromatica audace. Queste scelte stilistiche hanno costruito un linguaggio visivo capace di dialogare con un pubblico professionale e creativo. Il nuovo design esprimeva l’idea di una piattaforma aperta e flessibile, pensata per favorire la collaborazione tra team e supportare i processi creativi all’interno delle aziende. 

Dropbox non voleva più essere percepito come un semplice spazio di storage, ma come un vero e proprio workspace digitale, uno strumento pensato per i flussi di lavoro condivisi, in grado di integrarsi con le dinamiche quotidiane di agenzie, studi e PMI orientate all’innovazione. 

Perché è strategico nel B2B? 

Nel marketing B2B i processi decisionali si fondano su tre pilastri fondamentali: fiducia, reputazione e competenza. LinkedIn rappresenta uno spazio per costruire e consolidare ciascuna di queste dimensioni. 

Il LinkedIn Brand Ambassador infatti: 

  • Aumenta la reach organica: i contenuti condivisi dalle persone, rispetto a quelli pubblicati direttamente dai canali aziendali ottengono risultati più significativi in termini di visibilità e coinvolgimento; 
  • Umanizza il brand: la voce personale del collaboratore rende il messaggio più credibile e autentico; 
  • Attira talenti e clienti: i profili che parlano con competenza e passione attirano l’interesse di potenziali partner, clienti e candidati. 

Quando il rebranding genera confusione e disorientamento 

Senza una strategia chiara e condivisa, il rebranding può rivelarsi controproducente, generando confusione sia all’interno che all’esterno dell’organizzazione, rompendo equilibri già consolidati e alimentando un senso di incertezza e disorientamento. 

Di seguito riportiamo alcuni casi in cui un rebranding, se condotto in maniera approssimativa: 

  • Perdita di riconoscibilità: modifiche troppo radicali al nome, al logo o all’identità visiva possono disorientare i clienti già fidelizzati in passato e indebolire la brand equity (cioè il valore complessivo della marca); 
  • Perdita di coerenza valoriale: un brand rinnovato che non riflette la cultura interna o i comportamenti reali dell’azienda appare forzato e poco credibile; 
  • Comunicazione debole o assente: senza una narrazione chiara anche il miglior rebranding può essere percepito come superfluo o come un tentativo di mascherare problemi interni.  

Nel 2001 Royal Mail intraprese un’operazione di rebranding con l’obiettivo di accompagnare una nuova fase strategica, orientata all’espansione dei servizi logistici e alla crescita nel mercato B2B. Il nuovo nome scelto, “Consignia”, intendeva rappresentare una realtà più moderna e internazionale, capace di andare oltre l’identità del servizio postale tradizionale. 

Fin dal lancio, però, il brand faticò a generare consenso. Il nome fu percepito come vago, impersonale e distante dalla storica riconoscibilità di Royal Mail. Clienti, media e stakeholder criticarono la debolezza emotiva e comunicativa del nuovo brand, sottolineando come la mancanza di coerenza con l’identità storica dell’azienda, soprattutto nel mercato B2B.

Dopo poco più di un anno, di fronte all’insuccesso dell’iniziativa, l’azienda decise di abbandonare “Consignia” e di tornare ufficialmente alla denominazione Royal Mail, ristabilendo il legame con la propria identità originaria. 

Best practices per un rebranding efficace nel B2B 

Per evitare che il rebranding si trasformi in un boomerang, è fondamentale agire con consapevolezza e visione strategica, assicurandosi di: 

  1. Condurre un’analisi approfondita: comprendere le esigenze del mercato, le percezioni dei clienti e le tendenze del settore; 
  2. Mantenere coerenza: assicurarsi che il nuovo brand sia coerente con la missione, i valori e la cultura aziendale; 
  3. Coinvolgere gli stakeholder: coinvolgere collaboratori e partner nella definizione della nuova identità, affinché rispecchi la visione condivisa; 
  4. Comunicare in modo trasparente: spiegare chiaramente le motivazioni del rebranding e i benefici attesi; 
  5. Monitorare e adattare: monitorare la risposta del mercato e apportare eventuali aggiustamenti. 

Perché il rebranding porti vero valore, non può ridursi a un semplice restyling: deve nascere da un’identità autentica, in linea con la storia e i valori dell’organizzazione, e allo stesso tempo capace di esprimere una visione chiara del futuro. Solo quando questo percorso è solido e credibile, il rebranding può rafforzare la fiducia e contribuire a un posizionamento rilevante nel mercato. 

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