Quante volte hai sentito parlare di clickbait? Si tratta di un escamotage a cui ricorrono molti siti di scarsa qualità per adescare click attraverso titoli ingannevoli. Naturalmente falsi. Lo stesso fenomeno è catalogato come fake news.

 

Facebook e l’integrità dell’informazione

La battaglia di Facebook contro le fake news continua senza sosta, infatti in un articolo su Newsroom i ricercatori di Zuckerberg  annunciano i prossimi step che la piattaforma realizzerà per limitare la propagazione delle notizie false.

Nel news feed saranno penalizzati i post che presentano l’icona di un bottone video fake incorporato nel media e i video fake composti da una sola immagine statica. Accorgimenti che molti furbi usano per attrarre i lettori su siti di bassa qualità.

Ma queste sono solo le ultime tappe di un lungo percorso intrapreso dai principali social network per difendere l’integrità dell’informazione che circola in rete.

Le forze che le piattaforme stanno investendo sono tante perché è nel loro interesse massimizzare il tempo che le persone trascorrono sui social, oltre che penalizzare la disinformazione.

In precedenza Facebook aveva già affrontato il problema rendendo statici gli snippet degli articoli condivisi sul social, per assicurare agli utenti che la descrizione che segue l’anteprima dei post  fosse effettivamente coerente con il contenuto integrale della fonte.

Aveva inoltre introdotto una funzionalità che permettesse agli utenti di segnalare le bufale.

Infine, ha indicizzato una serie di siti di cattiva reputazione in un grande database: una sorta di blacklist dei siti che diffondono notizie false.

In questo modo quando la scansione dei nuovi link condivisi su Facebook rileva che i post rimandano a uno di questi siti classificati negativamente, in automatico vengono ribassati i loro indici di rilevanza, nell’ottica di limitare la loro diffusione nella sezione notizie della piattaforma.

 

Ma ci siamo chiesti perché in rete circolano tante bufale?

Di solito le motivazioni alla base delle fake news sono economiche o politiche.

Nel primo caso, semplicemente con la diffusione di notizie false ci si guadagna. E anche tanto.

Il meccanismo è questo: le persone vengono ingannate da titoli esca e portate a cliccare sull’anteprima delle news per poi essere indirizzate verso siti di bassa qualità, che dalla loro parte guadagnano in base al numero delle visualizzazioni e dei click.

Nel secondo caso si sfrutta il cosiddetto effetto bolla per orientare il lettore verso precise scelte  politiche.

L’effetto bolla è l’altra faccia della medaglia degli algoritmi utilizzati da Google e Facebook, secondo i quali a un determinato utente vengono mostrate news personalizzate in base a i siti che visita e ai clic. In altre parole, se un gran numero di persone cliccano su un contenuto fake perché ingannate da titoli allettanti è molto probabile che a quegli stessi utenti saranno proposti tante altre notizie sullo stesso argomento.

 

Come riconoscere una fake news

Dalle bufale ci si può difendere. In che modo? Apprendendo quella che è l’anatomia di una notizia falsa.

Ecco un decalogo delle caratteristiche che solitamente appartengono alle notizie fake

 

  • Hanno url molto simili a quelli di siti autorevoli (es. Corriere della Storia)
  • Hanno una formattazione scorretta
  • Nella pagina “chi siamo” a volte si definiscono siti di satira
  • Annunciano storie estremamente improbabili o “troppo belle per essere vere”, che fanno leva sulla sfera emozionale dei lettori
  • Riutilizzano immagini che appartengono ad altri contesti e occasioni

 

Facebook sta facendo degli sforzi per tutelarci, ma è buona norma controllare sempre la fonte di ciò che leggiamo sul web: occhio quindi a quello che si legge sul web e non farsi ingannare!